Dal governo

Demografia/ Mattarella: Consentire alle giovani coppie di realizzare il loro progetto di vita. Meloni: La Ue consideri spese sulla natalità come investimento. Roccella: Mobilitazione collettiva contro culle vuote

di Barbara Gobbi

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«Il futuro del Paese si misura sulla capacità di dare risposte alle giovani generazioni. Occorre che le Istituzioni ne prendano coscienza, per attuare politiche attive che permettano alle giovani coppie di realizzare il loro progetto di vita, superando le difficoltà di carattere materiale e di accesso ai servizi che rendono ardua la strada della genitorialità». Così il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio inviato alla ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Maria Roccella in occasione della conferenza ’Per un’Europa giovane: transizione demografica, ambiente, futuro’, promossa e organizzata dalla stessa ministra alla presenza tra gli altri delle ’omologhe’ europee Dubravka Suica (Vice presidente Commissione Ue per Democrazia e Demografia) ed Helena Dalli (Commissaria per l’Uguaglianza). Il Capo dello Stato rimarca che «politiche abitative, fiscali e sociali appropriate, conciliazione dell’equilibrio tra vita e lavoro, pari opportunità sono questioni fondamentali». Nel messaggio Mattarella ricorda che «il tema demografico sfida in particolare i Paesi sviluppati, influenzando i diversi aspetti della struttura sociale. L’Italia non fa eccezione». Per il Presidente «gli eccellenti risultati ottenuti in materia di tutela della condizione degli anziani, le nuove dinamiche fortemente unifamiliari, il calo delle nascite, impongono una riflessione al fine di soddisfare le nuove esigenze emergenti, per garantire la necessaria coesione sociale».
Una sfida che non può essere solo dell’Italia, ha sottolineato la premier Meloni intervenuta alla giornata: la spesa pubblica per la natalità e per la questione demografica «deve essere considerata un investimento di carattere produttivo» e l’Europa «si deve porre il problema di come considerare gli investimenti sulla natalità. È una spesa buona, un investimento con un moltiplicatore altissimo che non può essere considerato come molte altre spese nei nostri bilanci», ha detto.
Del resto come ha ricordato il demografo Gian Carlo Blangiardo, già presidente Istat, il problema demografico «non è solo italiano ma europeo ed è a questo livello che va affrontato, con politiche coerenti. Nei prossimi dieci anni nell’Unione europea perderemo 724 milioni di ’anni di futuro’ - ha stimato Blangiardo - quindi la prospettiva non è rosea e se non arriva l’immigrazione a darci una mano non ce la facciamo. Mi riferisco ovviamente a un’immigrazione che sia regolamentata e non subita ma che va tenuta in considerazione - ha avvisato -. Per colmare questi 724 milioni di anni di futuro che ci mancano in Europa abbiamo due strade: 14 milioni di immigrati in più oppure 9 milioni di nati in più. La risposta è che serve un mix di entrambi gli ingredienti».
L’intervento di Roccella tra immigrazione controllata e riorganizzazione dell’assistenza sanitaria . Per la ministra Roccella che in apertura dei lavori aveva sottolineato come «la battaglia per la natalità la possiamo vincere solo se la combattiamo tutti insieme», del tema demografico «è importante che se ne occupi il governo, ma anche l’Europa perché tutta l’Europa è in calo demografico e sotto il tasso di sostituzione, cioè sotto i due figli per donna che assicurano la stabilità della popolazione. Quindi porteremo il problema in Europa». Con la premessa che «l’immigrazione non può essere una soluzione». «In Italia - ha detto - il problema della denatalità è stato a lungo sottovalutato e trascurato, e molti ritenevano che la soluzione, per colmare gli squilibri nel mercato del lavoro e nelle pensioni, fosse l’immigrazione. Su questo tema, come su altri, il nostro governo ha rifiutato risposte e scelte semplicistiche, come quelle di chi vorrebbe da un lato lasciare indisturbati i trafficanti di uomini, e dall’altro assegnare ai migranti il compito di fare i lavori e i figli che noi non facciamo più.
«Non è intervenendo per abbassare le nascite che produciamo sviluppo, ma producendo sviluppo le nascite tendono a calare - ha avvisato ancora Roccella - Le cause di questo fenomeno sono tante, e siamo qui proprio per approfondirle, e individuare quindi le possibili contromisure, quello che possiamo fare come amministrazioni locali, governo nazionale, governo europeo, per mettere in campo possibili soluzioni. Perché lo sviluppo, economico, tecnologico, sociale, democratico, insomma la crescita, è un obiettivo irrinunciabile: ma dobbiamo trovare i modi per conciliarlo con una nuova primavera demografica, altrimenti i rischi sono enormi».
Poi, il focus sulla riorganizzazione delle cure ma anche sulla solitudine che portano con sé famiglie in cui non si riesce ad andare oltre il figlio unico: «Sappiamo da tempo che c’è un problema di sostenibilità del welfare, di equilibrio pensionistico, e c’è un problema non solo di nuovi bisogni di salute, ma di diversa organizzazione sanitaria. Perché l’invecchiamento della popolazione - che è un fattore positivo, vuol dire che la vita si allunga - implica una nuova articolazione della medicina di territorio, che risponda a reti familiari che si allentano, famiglie sempre più ridotte, relazioni di comunità che si smagliano», ha detto Roccella. La famiglia assottigliata pone problemi nuovi: «Pensiamo alle cure domiciliari costruite intorno all’idea, non detta ma data per scontata, che gli operatori sanitari che vanno a supportare il malato a casa, sanno che comunque c’è qualcuno che vive con lui e lo assiste nei bisogni essenziali. Che cosa significherà la cura domiciliare, se “a domicilio” trovi solo la persona malata? La sanità dovrà confrontarsi con esigenze nuove e complesse», ha proseguito la ministra.
Solitudine nuova emergenza. La denatalità sta ponendo le condizioni per un’esperienza diffusa di solitudine, tanto che paesei come Gran Bretagna e Giappone hanno istituito un ministero dedicato. «In Corea del sud - ha ricordato Roccella - il governo sta lavorando per prevenire il rischio delle morti solitarie di cui ci si accorge solo dopo molto tempo, con proposte di legge e giornate dedicate». Ma lla solitudine colpisce anche i giovani: «Vorrei sottolineare il cambiamento antropologico individuale: le persone vissute in una rete familiare scarna, crescono senza aver fatto esperienza di una vita familiare diversa, crescono in solitudine, senza aver mai sperimentato, personalmente o anche mediante conoscenti o amici, cosa significa vivere in una rete fitta di rapporti parentali, di prossimità. In altre parole, nelle società colpite dall’inverno demografico non si diventa soli a una certa età, ma si cresce nell’esperienza della solitudine, dove ad esempio il confronto fra pari è esclusivamente extrafamiliare».
L’urgenza di una mobilitazione collettiva. «La tendenza alla denatalità italiana è grave. Il nostro governo per la prima volta ha istituito le deleghe alla natalità, e le ha attribuite al ministero delle Pari opportunità e della famiglia - ha voluto sottolineare Roccella mettendo in fila gli interventi in campo -. Ma la disattenzione al tema è durata troppi anni per non lasciare conseguenze che richiederanno un lungo arco di tempo per fermare e poi invertire la tendenza. Per esempio, il calo delle donne in età fertile è ormai troppo pronunciato perché le misure a favore della natalità possano avere lo stesso effetto che avrebbero avuto quando ancora il numero delle donne giovani era consistente. A fronte di questo scenario, occorre un investimento pubblico e privato, una mobilitazione collettiva che passi dall’impresa ai servizi, dall’amministrazione alla finanza, dal più piccolo ente locale alla Commissione europea e coinvolga anche la comunicazione».


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